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Arrivederci ...

Con immenso dolore annunciamo che è mancato all’affetto dei suoi cari il nostro amato Presidente Giacinto Damiani. Il funerale avrà luogo domani, sabato 21 maggio, alle ore 15.30 nella Chiesa di Maria Santissima dei Sette Dolori di Serra San Bruno (VV). Esempio di dedizione all’onestà, al lavoro e alla famiglia, lascia un vuoto incolmabile nel cuore di quanti in vita ne hanno apprezzato la profondità di cuore e l’impegno sociale. E’ infinitamente difficile trovare le parole giuste in questo momento per ricordare un amico, un collega, un padre; ma con la Sua lungimiranza ci ha lasciato in aiuto, tra le tante, questa poesia.     Sandro Gaetano Una lacrima per chi nasce, un sorriso per chi muore (Giacinto Damiani, 11.08.21) Se il riposo non ci fosse? Se il dolore dominasse? Se la vita fosse eterna? Tutti via con la lanterna  a cercare il Creatore, invocandone col core, Sora Morte e con fervore. Quandu muoru io? Faciti festa!  Ca io la tiegnu a parrari! A cui assumigghja sora Morte? Nu puo

Mosca targa premio dalla Russia. Il comitato ringrazia la Famiglia Giancotti.

Non  senza emozione ho il piacere di presentare, autorizzato, di  far conoscere, ai Serresi in primis, al mondo intero una delle rare persone  meritevoli di stima per l'intelligenza, la preparazione la coerenza. Nel ringraziarlo per il premio offerto per il concorso internazionale di poesia,  in tutte le ligue, vernacolo compreso, ho colto l'occasione per rinfrescare la memoria su alcuni passaggi della sua vita che spesso  l'età, colloca nel porto delle nebbie. Anche stavolta non si è smentito. Ha preteso che i concorrenti Russi partecipanti al concorso "mastro Bruno cerca discepoli nel mondo" fossero esentati, per ovvi motivi, condivisi dal Comitato, dal pagare i 5 € di contributo
Bruno Giancotti
Nasce a Serra San Bruno, con gli auspici della  primavera, il 22 marzo 1956. Frequentato il liceo scientifico ma avrebbe preferito il liceo classico. A 15 anni e’ gia’ segnalato dal maresciallo dei carabinieri (amico del padre) come  cospiratore contro l’ordine sociale costituito. Uno dei fondatori insieme a Peppino Neri e  Pinuccio Calabretta   del rinnovato (meno boscaiolo) Partito Comunista.
A Napoli frequenta l’ Istituto Orientale e si laurea, in pieno terremoto (segno premonitore!), in lingue e letterature straniere moderne (russo e inglese). A Roma collabora con l’Agenzia di stampa russa Novosti, per la quale traduce la prima edizione italiana della Pravda.
Nel 1986 si reca a Mosca per un corso di perfezionamento in letteratura presso l’Istituto Pushkin di Mosca. Da usato cospiratore prende contatti con il Partito Comunista russo e collabora con la redazione della rivista internazionale russa ‘Novoe Vremja’.  Frequenta assiduamente la redazione moscovita dell’ Unita’, dove collabora ‘senza firma’ con Carlo Benedetti alla redazione della pagina estera dell’Unita’.                                             Nel 1987 sposa la giovane Natalia e la elegge a musa.
Nel 1988 collabora con l’Apparato del Presidente Gorbaciov , ormai prossimo al declino.
Nel 1989 nasce suo figlio Marco (a Serra San Bruno!!!) ( cade il muro di Berlino)
Nel 1989 , convertito, da incontrovertibili ragioni familiari a compromessi con il ‘capitale’, inizia la sua carriera di imprenditore e in poco tempo raggiunge una posizione di spicco tra gli ancora sparuti imprenditori stranieri.
Negli anni ’90 e’ fatto bersaglio della prevaricazione malavitosa emergente russa  (viene addirittura sequestrato per un intero mese). Temprato da atavica cultura calabrese esce indenne dal mattatoio criminale. Per alcuni anni continua a condurre i propri affari come un personaggio del ‘sottosuolo’ dostoevskijano.
Con l’avvento di Putin ritorna ‘allo scoperto’ e riporta ai precedenti livelli la propria attivita’ imprenditoriale.
Attualmente gestisce un grosso ufficio di rappresentanza commerciale di primarie aziende italiane nel settore agro-alimentare.
E’ un convinto sostenitore di Putin.  Ha rapporti cordiali con rilevanti esponenti del mondo politico russo. 
Non gli piacciono gli intellettuali da salotto. 
Sogna di tornare in Italia ad insegnare la letteratura russa. Il suo autore preferito e’ Dostoevskij.


HO CHIESTO  A BRUNO GIANCOTTI  CONCITTADINO DI MASTRO BRUNO qualche suo pensiero sul poeta analfabeta. Riporto:


Caro Bruno  ho voluto rendere pubblico quest tuo pensiero scritto su Mastro Bruno. A chi  legge ti presenti da solo,  mi privi dell'onore di farlo, risparmi  la  presentazione. La tua preparazione non costituisce novità per chi ti conosce, mentre questo tuo breve memo parifica la conoscenza fra tutti Mosca , la Grande Russia non potevano adottare figlio migliore.  

Mastro Bruno Pelaggi, un Leopardi meno erudito.

 Lessi le prime poesie di Mastro Bruno quando ancora non ero in grado di apprezzarne il valore. Di quell’opuscolo, che mio padre porto’ in famiglia , mi incuriosivano essenzialmente i particolari piccanti e la lingua ‘fiorita’. Non ero ancora ‘cittadino del mondo’ e mi veniva difficile, da serrese orgogliosamente vincolato ai complessi del piccolo paese di montagna, concepire che un nostro compaesano, tra l’altro privo di ogni istruzione, potesse suscitare  un qualche interesse  nel panorama culturale calabrese o addirittura nazionale. Imparai a memoria , come tutti, alcuni versi ‘scandalosi’ e lasciai alla polvere degli anni l’opuscolo del Mastro della mala parola. Ne’ mi feci convinto della sua importanza,   etica  quanto poetica, quando alcuni anni dopo il compianto Silvano Onda mi invito’ a partecipare come attore (sic!) alla sua rappresentazione teatrale ‘Fuocu quantu patimu’. Mi divertii a calcare per la prima volta un palcoscenico , ma , finita la recitazione, riposi nel dimenticatoio l’opuscolo che avevo rispolverato per l’occasione. Fu solo quando a Napoli iniziai a studiare con meno ‘serresita’  la letteratura e la filosofia, che   mi resi conto di quanto importante fosse la forza del pensiero e la sua piu’ vivace espressione per i destini del mondo. Leggendo Shopenhauer, Leopardi e i filosofi del pessimismo, mi ricordai del nostro incolto poeta e sottrassi alla polvere le pagine ormai ingiallite del dimenticato  opuscolo  . Mi basto’ rileggere alcune pagine per avvertire quanto potenza di pensiero si nascodesse  sotto quella coltre di vernacolare invettiva! Quale vigore espressivo in quella semplice ma accorata protesta contro i potenti del mondo; e contro lo stesso  Padreterno che, amato e temuto, permette tanta ingiustizia. Quanto virile pessimismo per i destini dell’ uomo, abbandonato dal Re e dallo stesso Padreterno . A chi rivolgersi per ottenere se non giustizia almeno clemenza? Come mitigare il dolore originato dalla coscienza dell’ineluttibilita’ del destino? Consegnando alla lingua gli impeti del cuore violato. Violentando i violentatori con blasfemi colpi di  frusta verbali.  Una lingua, quella di Mastro Bruno, incisa nella pietra e tagliente come lo stesso scalpello. Pensiero che trabocca dal cuore senza il filtro della convenienza espressiva. Mastro Bruno modulava le imprecazioni perche’ non abbastanza erudito per contenere e far rimanere negli argini della convenienza  l’impetuosita’ del pensiero. Con qualche ‘minchiuni’ scaraventato sul mondo  egli ha saputo rendere corposamente comprensibile, a chi ne conosce il vernacolo, la sua concezione del mondo, riducendo a poche pagine volumi di sottigliezze filosofiche. Non conosco altri uomini senza cultura che siano stati capaci di rivelare, tanto al mondo degli eruditi quanto a quello degli ignoranti , il nucleo del pensiero filosofico per eccellenza: il senso della nostra vita. Mastro Bruno e’ per me divenuto da allora indiscusso ‘cittadino del mondo’; spero che lo diventi anche per tutti i serresi che, come me a suo tempo,  recitano a memoria i suoi versi piu’ piccanti.

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